Lot Essay
Caposaldo della nuova pittura del vero a sfondo sociale, questo straordinario dipinto datato 1868, strutturato sulla luce, mostra tutto il vigore innovativo del grande artista napoletano che si affianca negli esiti alle nuove ricerche "macchiaiole", superando d'un balzo le descrittive tele di Giuseppe e Filippo Palizzi e offrendo un sostanziale contributo, nell'Italia degli anni Sessanta, alla nascita delle nuove poetiche.
"È il motivo veristico, portato stilisticamente ad uno studio d'effetto di luce su d'una massa. Ma, naturalmente, ciò non sarebbe stato sufficiente a Cammarano per creare un quadro di vaste proporzioni se il soggetto non avesse anche offerto uno studio d'espressioni d'umanità decaduta incoraggiata nel vizio dall'elemosina dei frati sulla porta d'un convento."
Scrive Biancale, che prosegue: "È il capolavoro di Cammarano. La scena è posta dinanzi al portone dei Cappuccini nella via di San Basilio a Roma: studio come si diceva, di folla ma anche di larga macchia sintetica giustificata da un robusto partito di luce." Ed ancora: "Per tornare all'opera essa pone senza equivoco nel 1868 un fondamento di composizione d'un realismo espressivo, affidato al tempo stesso alla luce e alla forma, un realismo pullulante e sonoro, grondante di vita, spiccato, ricco di stile, imbevuto di sostanza pittorica, di certezza di tradizione nostrana e di vita non letterariamente rimediata.
L'evidenza di quella facciata con l'ombra del tetto, la porosità delle superfici vivide e lievitanti, granulose come nelle luci radenti, quell'aggetto massiccio del portale rustico e la porta graffita a numeri di gesso come in un Balla straordinariamente anticipato, costituiscono un fondo insospettato e imponente che vive quasi per sè d'una sua vita di simboli, di numeri, di scritte, rivelando il luogo e il carattere d'esso. Quelle spianature e sfaccettature della luce sulla forma che, per Piazza S. Marco, fecero pensare il Cecchi ad un diamante grezzo, hanno qui la loro origine in quelle supreme sintesi dei piani operate dalla luce. La quale scheggia, incide, affila, crea ombre nere, per risalti più densi, mezze ombre; e le tube e i cappelli, le teste basse sono là a creare i piani oscuri sul guizzare dei lampi del sole. C'è una vita violenta colta fulmineamente, una vicenda episodica costretta a mostrarsi come unità espressiva per via della luce; [...].
L'Opera che è larga quasi tre metri per due fu vista a Roma e ammirata da artisti belgi, francesi, tedeschi. A Venezia operò profondamente a creare la nuova scuola veneziana."
"È il motivo veristico, portato stilisticamente ad uno studio d'effetto di luce su d'una massa. Ma, naturalmente, ciò non sarebbe stato sufficiente a Cammarano per creare un quadro di vaste proporzioni se il soggetto non avesse anche offerto uno studio d'espressioni d'umanità decaduta incoraggiata nel vizio dall'elemosina dei frati sulla porta d'un convento."
Scrive Biancale, che prosegue: "È il capolavoro di Cammarano. La scena è posta dinanzi al portone dei Cappuccini nella via di San Basilio a Roma: studio come si diceva, di folla ma anche di larga macchia sintetica giustificata da un robusto partito di luce." Ed ancora: "Per tornare all'opera essa pone senza equivoco nel 1868 un fondamento di composizione d'un realismo espressivo, affidato al tempo stesso alla luce e alla forma, un realismo pullulante e sonoro, grondante di vita, spiccato, ricco di stile, imbevuto di sostanza pittorica, di certezza di tradizione nostrana e di vita non letterariamente rimediata.
L'evidenza di quella facciata con l'ombra del tetto, la porosità delle superfici vivide e lievitanti, granulose come nelle luci radenti, quell'aggetto massiccio del portale rustico e la porta graffita a numeri di gesso come in un Balla straordinariamente anticipato, costituiscono un fondo insospettato e imponente che vive quasi per sè d'una sua vita di simboli, di numeri, di scritte, rivelando il luogo e il carattere d'esso. Quelle spianature e sfaccettature della luce sulla forma che, per Piazza S. Marco, fecero pensare il Cecchi ad un diamante grezzo, hanno qui la loro origine in quelle supreme sintesi dei piani operate dalla luce. La quale scheggia, incide, affila, crea ombre nere, per risalti più densi, mezze ombre; e le tube e i cappelli, le teste basse sono là a creare i piani oscuri sul guizzare dei lampi del sole. C'è una vita violenta colta fulmineamente, una vicenda episodica costretta a mostrarsi come unità espressiva per via della luce; [...].
L'Opera che è larga quasi tre metri per due fu vista a Roma e ammirata da artisti belgi, francesi, tedeschi. A Venezia operò profondamente a creare la nuova scuola veneziana."