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Details
L'OFFICIOLUM DI FRANCESCO DA BARBERINO, Libro d'Ore, uso di Roma con un trattato allegorico sulla Speranza, MANOSCRITTO MINIATO SU PERGAMENA.
[Padova, c.1305-08].
134 x 100 mm. 174 carte, 12 (di 6, mancano i, iii, iv e vi), 26 (di 8, mancano ii e vii), 3-58, 66 (di 8, mancano vii e viii), 7-158, 166, 17-228, 238 (con bifolio originariamente iv/v ora spostato in ii/vii), 242, probabilmente manca un ulteriore fascicolo dopo il 21, fascicolo 6 non in sequenza, avrebbe dovuto seguire il 22, mentre sia il 22 che il 6 avrebbero dovuto seguire l'11, richiami alla maggior parte dei versi finali, 13 righe in gotica testuale italiana (rotunda) in inchiostro nero eccetto cc.164-171v in foglia d'oro brunito, specchio di scrittura con rigatura a punta di piombo di 2 verticali e 14 orizzontali, giustificazione: 68 x 55 mm., rubriche in rosso, capilettera di 1 o 2 righe in oro brunito contornato in blu o rosso e arricchiti da filigrane dell'altro colore, alcuni capilettera di 2 righe con ampie filigrane nei due colori, ogni pagina del fascicolo 4 con capilettera di 2 righe con elaborati fregi a penna in inchiostro blu e rosso e oro brunito, capilettera a pennello di 3 o 4 righe con nastri a decorazione floreale di colore rosa, blu, rosso, verde e grigio su fondo in oro brunito, arricchiti da viticci o bordure dagli stessi colori e forme e disseminati di bottoni dorati, QUATTRO PAGINE DI CALENDARIO CON COPPIE DI MEDAGLIONI ISTORIATI sul margine inferiore e SESSANTASEI PAGINE CON GRANDI MINIATURE, quelle non a piena pagina spesso accompagnate da capilettera a pennello ornati o decorati con motivi floreali (tracce d'uso, alcune sbavature e macchie, qualche perdita di pigmento e oro perloppiù sui margini inferiori, più consistenti sulle miniature alle carte 157 e 172v, piccolo strappo al margine della carta 78, due strappi al margine della carta 116 uno dei quali raggiunge la miniatura al verso). Legatura della fine del sec.XVIII o degli inizi del sec.XIX in piena pergamena con titolo manoscritto al dorso (foro di tarlo alla cerniera del piatto inferiore).
IL MANOSCRITTO RITROVATO DI UNA DELLA PIÙ AFFASCINANTI FIGURE DELLA CULTURA MEDIEVALE, UNA PIETRA MILIARE NELLA STORIA DELLE IDEE E DELLA MINIATURA ITALIANA.
IL PIÙ ANTICO LIBRO D'ORE ITALIANO CONOSCIUTO E UN'INEDITA ALLEGORIA ILLUSTRATA DI FRANCESCO DA BARBERINO.
PROBABILMENTE LE PIù ANTICHE IMMAGINI ISPIRATE DALL'INFERNO DANTESCO
PROVENIENZA:
L'inventore e il primo proprietario di questo manoscritto fu Francesco da Barberino (1264-1348), poeta e notaio fiorentino, contemporaneo di Dante di cui per primo scrisse sull'Inferno. Notizie sulla vita e sulle opere di Francesco si possono trovare nella documentazione epistolare (Vienna, ÖNB 3530), negli archivi di Firenze, Treviso, Bologna e del Vaticano, oltre che negli entusiastici resoconti di numerosi scrittori del Trecento, tra cui Boccaccio e Filippo Villani. Ma la più ricca fonte di informazioni per gli anni fino a circa il 1315 è rappresentata dal lungo commento in latino che Francesco stesso scrisse per il suo poema, i Documenti d'amore. Il più antico manoscritto completo (Bibl. Vat., Barb. lat. ms 4076) - che contiene non solo il poema in italiano ma anche la traduzione e il commento in latino - presenta il testo centrale e correzioni di mano dell'autore.
Francesco di ser Neri di ser Ranuccio nacque a Barberino in Val d'Elsa, a sud di Firenze. Figlio e nipote di notai, studiò a Bologna e ottenne il titolo di notaio papale a Roma nel 1294. Alla fine di quell'anno rientrò a Firenze, dove esercitò la professione di notaio per due vescovi almeno fino al novembre 1303. Lasciò la città probabilmente per ragioni politiche e potè ritornarvi solo grazie all'amnistia concessa nel 1315 agli esiliati che non avevano preso le armi contro Firenze. Negli anni dell'esilio Francesco fu a Padova, a Treviso nel 1308 e nel 1309 fece parte dell'ambasciata veneziana presso la sede papale di Avignone mediante la quale la Serenissima cercava di far revocare la sua scomunica. Francesco rimase in Francia per più di quattro anni, perloppiù in Provenza e nella contea di Venassin, ma nel 1311-12 viaggiò per tutto il paese fino a raggiungere la corte di Filippo il Bello. I Documenti risalgono a quest'epoca, dopo un periodo di composizione e revisione di 16 anni, ed è generalmente accettato il fatto che essi siano stati completati poco prima o appena dopo il suo ritorno a Firenze.
Nel commento del manoscritto vaticano, Francesco asserisce con orgoglio che le allegorie miniate che lo illustrano sono sue proprie creazioni; in particolare, egli spiega che sette di esse furono originariamente concepite e disegnate per il suo officiolum. Nella maggior parte dei casi viene anche specificata la loro collocazione all'interno del manoscritto, che è chiaramente un Libro d'Ore: per esempio, la miniatura della Morte si trova all'inizio dell'Ufficio dei Morti, le Età corrispondono alle canoniche Ore della Vergine e 'Laus' è alla fine delle Ore. L'officiolum di Francesco è stato al centro di numerose discussioni fin dal 1902, quando Egidi scrisse: "che doveva essere un vero gioiello di eleganza e che disgraziatamente è andato perduto". La corrispondenza tra l'aspetto e la posizione delle miniature descritte nei Documenti con quelle del presente manoscritto dimostra che si tratta senza ombra di dubbio del Libro d'Ore concepito da Francesco da Barberino. L'eccellente qualità e la ricchezza dell'opera confermano la prima delle affermazioni dell'Egidi, potendo ora felicemente smentire la seconda.
Nella disquisizione sull'allegoria della Speranza, Francesco riferisce che essa fu raffigurata per la prima volta nel "tractatu cuiusdam ystorie que ponitur ad finem officioli mei [...] Et hoc quidem dum essem in studio Paduano". Le registrazioni dei movimenti di Francesco ci fanno presupporre la sua presenza all'Università di Padova tra il 1304 e il 1309, e l'officiolum sarà stato completato in quegli anni. Dalla data del suo ritorno a Firenze, Francesco vi rimase infatti fino alla morte, prima al servizio del vescovo Antonio d'Orso (morto nel 1320-21) e poi come partecipante attivo nella vita civile della città. Morì durante la pestilenza del 1348 ed è sepolto in Santa Croce insieme a suo figlio sotto l'epitaffio che Boccaccio scrisse per lui. Il suo ultimo discendente diretto morì nel 1401 e il successivo destino dell'officiolum è sconosciuto, ad eccezione della presenza di segnature del sec.XIX: h.I.15 (cancellata) e O.I.36.
CONTENUTO:
Calendario per marzo, aprile, settembre ed ottobre, mancante degli altri mesi cc.1-2; Ufficio della Vergine, uso di Roma, mancante di un bifolio col Salmo 94 e fine del Salmo 18 ed inizio del Salmo 23 cc.3-78v eccetto cc.33-38v spostate: mattutino c.3, lodi c.11, prima c.32, terza c.44, sesta c.48v, nona c.52v, vespri c.56v, compieta c.64v, varianti c.69; Ufficio della Croce cc.79-115: mattutino c.79, lodi f.85, prima f.89v, terza f.92v, sesta c.97v, nona c.103, vespri c.109, compieta c.112v; Ufficio dei Morti, uso di Roma, mancante della fine dei vespri cc.117-156v: mattutino c.117, lodi c.144, vespri c.156v; Sette Salmi penitenziali cc.157v-164v e cc.33-37v; Litania, solo carta di apertura c.38v; Salve regina misericordie cc.165-165v; testo allegorico che si apre con "Si lactabor i[n] te vivabor" cc.166-172v; Apertura del Vangelo di San Giovanni c.173v.
È probabile che i Sette Salmi penitenziali e la Litania precedessero originariamente l'Ufficio dei Morti, mentre le ultime due carte precedevano il Calendario. Nell'allegoria, il bifolio cc.166/171 è posizionato in modo errato e dovrebbe trovarsi tra le carte 168 e 169.
Il nostro manoscritto contiene tutti gli elementi essenziali di un Libro d'Ore, ma ha una datazione sorprendentemente antica: sopravvivono pochissimi libri d'ore prodotti in altri paesi e databili al primo quarto del sec.XIV, ma nessun altro esempio italiano di tale periodo è noto.
Il testo alla fine del volume è completo ed unico, un inedito trattato allegorico di Francesco da Barberino, la cui esistenza era precedentemente nota solo attraverso la sua citazione: "tractatu cuiusdam ystorie que ponitur ad finem officioli mei".
MINIATURA:
L'ingenium o l'inventiva che Boccaccio lodò in Francesco non potrebbe aver migliore dimostrazione che nelle illutrazioni di questo Libro d'Ore. La sua fama si poggiava fino ad ora sui due suoi poemi conosciuti, i Documenti d'amore e il Reggimento e costumi di donne. L'elemento caratterizzante della concezione di Francesco per entrambe le opere è rappresentato dalla combinazione delle argomentazioni e delle spiegazioni illustrative, ma nessuna copia illustrata del Reggimento è purtroppo sopravvissuta. Egli ha sempre sottolineato come le sue intenzioni non si possano comprendere appieno con la semplice lettura dei testi ma solo dopo un attento studio delle immagini che li accompagnano. È dunque questa preoccupazione che lo spinge a diventare egli stesso progettista e disegnatore dei Documenti durante la loro composizione in Francia, non avendo trovato pittori che fossero in grado di capire le sue necessità. Francesco aveva inoltre un chiaro ideale estetico: a tal fine egli istruisce il lettore a guardare le immagini cosicchè il trattato gli possa apparire ancor più bello (Egidi, iii, 6-7, 138 e 151). Per tutte queste ragioni il completamento dei Documenti dovette attender il ritorno in Italia, dove l'autore avrebbe potuto avvalersi di miniaturisti fidati. L'officiolum, prodotto anni prima nel nostro paese, aveva infatti stabilito un altissimo livello qualitativo e il suo progetto iconografico mostra esattamente lo stesso significato complementare e stratificato nell'intreccio tra allegorie e narrazioni religiose.
Francesco era noto per le sue allegorie, specialmente quelle relative ad Amore, e la sua reputazione durò per tutto il Trecento. Tuttavia esiste un solo superstite dei monumentali lavori pubblici che lui progettò, il sepolcro di Antonio d'Orso di Tino da Camaiano nel Duomo di Firenze, e solamente di uno dei suoi due ampi poemi sopravvivono delle copie illustrate. Il ritrovamento del suo officiolum rappresenta una splendida e sostanziale aggiunta alla sua opera.
Le miniature non solo precedono quelle presenti nei Documenti, ma sono anche il più esteso insieme delle creazioni di Francesco. Le composizioni di dieci miniature si conoscevano già dalle copie presenti nei Documenti (Barb. Lat. 4076), benchè non perfettamente aderenti ai progetti originari di Francesco. I dettagli specificati nel commento sono pertanto comprensibili solo alla luce della versione più esplicita delle miniature dell'officiolum, come per esempio i vari modi di accesso ai diversi templi della miniatura della Speranza. Questo suggerisce quanto stretta fosse la supervisione di Francesco durante il lavoro di miniatura. Istruzioni per il miniatore sono presenti su alcuni dei medaglioni del calendario e sembrano essere della mano che Petrucci identifica con quella dell'autore.
Vi sono altre annotazioni simili scritte nei margini ai lati di altre due miniature, Limbo (f.69) e Inferno (f.156). Queste immagini mostrano entrambi i luoghi come circolari e sono particolarmente importanti in quanto probabilmente si tratta delle prime illustrazioni ispirate all'Inferno di Dante. La famigliarità di Francesco con il poema dantesco è confermata dal commento dei Documenti, e il Limbo in particolare appare come un riflesso dei versi danteschi. La scura cerchia con triste figure sedute intorno ad un radiante fuoco centrale sembra richiamare i versi 'nel primo cerchio che l'abisse' (IV, 24), 'duol sanza martìri, ch'avean le turbe (IV, 28-29), e 'un foco ch'emisperio di tenebre vincia' (IV, 68-69). Il contatto di Francesco con il lavoro del Poeta, che condivise le sue stesse vicissitudini politiche, non sorprende, e tali miniature potrebbero sostituire il commento dei Documenti come la prima prova conosciuta per l'Inferno.
L'orgoglio di Francesco per le più ingegnose creazioni del suo Libro d'Ore lo spinse a riusarle in contesti diversi, o, come nel caso della Morte usata per il sepolcro marmoreo di Orsi, su supporti assolutamente differenti. Il piacere provato nel comporre disegni complessi, di cui asserisce ripetutamente l'originalità, alle volte sorpassa la loro adeguatezza in altre ambientazioni: nell'Ufficio della Vergine, la serie delle Età della Donna accompagna felicemente la progressione della giornata liturgica insieme con le miniature della vita della Vergine, mentre sembra essere meno appropriata nella sezione sulla navigazione nei Documenti.
Le altre allegorie nell'officiolum sono assolutamente senza precedenti, anche se una di esse fornisce una traccia degli affreschi, ormai persi, che Francesco disegnò per il palazzo vescovile di Treviso. Esse spaziano da semplici e deliziose personificazioni - quali i Vizi che rimpiazzano le più usuali occupazioni per ogni mese del calendario - fino alle complessità dei cerchi dell'inferno. Le miniature culminano nella straordinaria sequenza delle ystorie aggiunte alla fine delle Ore, laddove il testo e l'immagine si fondono per raccontare una storia di liberazione e redenzione. Dalla somiglianza con la rappresentazione di Francesco nei Documenti, il personaggio centrale di questa storia sembra doversi identificare con l'autore stesso e potrebbe essere connesso con le circostanze del suo esilio da Firenze. La figura centrale appare all'inizio come un infante che sugge le mammelle di una creatura somigliante ad una sfinge, una bestia col volto di donna i cui arti posteriori sono zoccoli e quelli anteriori una zampa di leone e un artiglio. Il finale della storia vede la morte di questa bestia favolosa per intervento della Speranza e di una splendente e potente dama che potrebbe essere identificata con la Giustizia Divina.
Le miniature sono opera di due, o possibilmente tre miniaturisti che condividono uno stile pittorico e un vocabolario decorativo strettamente correlati. I loro tipi figurativi, la tecnica e il lessico decorativo sono quelli comuni agli artisti che lavorarono con Jacopino da Reggio su una copia dei Decretales di Graziano oggi in Vaticana (Vat.lat 1375). Essi sono molto vicini al Maestro del 1311 che deve il suo nome agli Statuti dei Merciai (Bologna, Mus.Civico ms 631) e al miniaturista conosciuto come 'Modenese'. Quest'ultimo è particolarmente attinente per il suo lavoro su una Bibbia del tardo Duecento oggi a New York (Pierpont Morgan Lib. ms M.436). Il copista di tale Bibbia, Mutinensis de Grasulfo di Modena, segnala al colophon che egli aveva scritto e fatto l'opera in Padova. È inoltre interessante che l'elaborata bordura fitomorfa presente nell'opera è precisamente del tipo che si ritrova nel Libro d'Ore di Francesco. Il 'Modenese' è un esempio certo di miniaturista che ebbe una nota carriera a Bologna e lavorò anche a Padova. La diffusione e lo sviluppo dello stile 'bolognese' nella città si può vedere negli Antifonari attribuiti al Maestro di Gherarduccio, cominciati nella prima decade del Trecento (Padova, Bibl. Capitolare B.14 e B.15).
Anche se essenzialmente bolognesi nello stile, le miniature mostrano l'origine padovana del manoscritto, soprattutto nel contatto riflesso con l'opera di Giotto in quella città. Ciò è evidente non solo nella tavolozza di colori pallidi e nel trattamento volumetrico di alcune delle figure, ma anche negli echi degli affreschi della Cappella degli Scrovegni: tra i più sorprendenti, Giuseppe che dorme di fronte ad una capanna (c.43v), che richiama la rappresentazione giottesca del Gioacchino dormiente, e la figura inginocchiata di Francesco (c.170v), che sembrerebbe essere una versione speculare dello stesso Scrovegni.
L'iconografia cosmologica delle Età della Donna e dell'Eclissi può mostrare una più elusiva connessione coi lavori di Giotto a Padova; potrebbe relazionarsi agli affreschi astrologici del Palazzo della Ragione, che furono distrutti nel 1420. Il legame di Francesco con l'opera di Giotto nel Palazzo per l'iconografia della figura della Giustizia - che Francesco ripetè nell'affresco di Treviso, nella miniatura del Giudizio Finale (mancante) dell'officiolum e nei Documenti - è stata recentemente suggerito. Le citazioni giottesche di Francesco nel commento ai Documenti sono ben note, in particolare la sua ammirazione per la figura del'Invidia nella Cappella Arena. Non sorprende dunque che tale entusiasmo si rifletta anche nel suo Libro d'Ore.
La fertile immaginazione di Francesco, combinata con il lavoro di un miniaturista di talento, ha prodotto una straordinaria serie di illustrazioni. Belle e complesse, le miniature mostrano uno stile particolarmente sofisticato per una datazione così antica. Tre composizioni nel manoscritto si sviluppano attraverso un verso ed il suo opposto recto, divenendo vieppiù penetrante l'uso della relazione tra pagine consecutive. Nella coppia finale (oggi cc.170v e 172) non si tratta semplicemente di sfruttare l'apertura per fornire un unico e continuo campo pittorico. Sebbene l'azione si svolga sulle due pagine e l'uso del colore unifichi la composizione, esistono evidenti contrasti negli sfondi, nell'ambientazione e nelle cornici che rinvigoriscono la narrazione. Al verso, Francesco è inginocchiato ai piedi della sua statuaria protettrice che, ergendosi dal trono per intervenire in suo favore, scocca colpi mortali verso l'altra pagina. Le sue frecce penetrano lo scudo e trafiggono la carne della bestia che tiene Francesco al giogo. Un piede di Francesco fuoriesce dalla miniatura sul verso, stagliandosi nello spazio tra i suoi avversari. In tale suggestione di movimento è implicita la sua salvezza: è riuscito infatti ad entrare nella sontuosa e dorata sala del trono, lasciando il suo oppressore ad arretrare, impotente, tra le nude rocce. Si tratta in assoluto di una delle più pregnanti e memorabili rappresentazioni della miniatura del Trecento.
I soggetti delle miniature sono i seguenti:
c.1 Tristezza e Ariete, in medaglioni
c.1v Vanità con Letizia e Toro, in medaglioni
c.2 Gola e Bilancia, in medaglioni
c.2v Ebrezza e Scorpione, in medaglioni
c.3 Incoronazione della Vergine, con il Tetramorfo; capolettera con busto di Davide
c.3v Uno studioso che legge seduto circondato da libri
c.10v Un angelo che suona il tamburello
c.11 Cristo in gloria con due angeli musicanti; capolettera con il busto di Davide
c.13v Giovane donna seduta che legge da un leggio
c.32 Sant'Anna, la Vergine e Gesù Bambino; capolettera con busto di donna; medaglione con Serafino che scocca una freccia infiammata
c.32v. Infantia, il Cosmo con una fanciulla che si pettina i capelli
c.37v Donna seduta che sostiene un medaglione con l'Agnus Dei
c.38 Maria Maddalena con lo stendardo dal Redentore a capo di una processione sotto una montagna in fiamme
c.43v Giuseppe dormiente davanti la capanna
c.44 Annunciazione; capolettera con busto di uomo
c.44v Pueritia, il Cosmo con una fanciulla che guardandosi allo specchio si mette una ghirlanda in testa
c.45 Medaglioni con Profeta e arciere
c.48v Natività; Annuncio ai pastori sul margine inferiore
c.49 Adolescentia, il Cosmo con una giovane che fa una ghirlanda
c.52v Adorazione dei Magi; capolettera con il busto di Cristo; un giovane sul cammello in medaglione
c.53 Juventus, il Cosmo con una donna che insegna a camminnare al suo bambino
c.56v Presentazione al Tempio
c.57 Senectus, il Cosmo con una donna in età avanzata che cammina aiutandosi con un bastone e una gruccia
c.64v Dormitio Virginis
c.65 Decrepita etas, il Cosmo con una donna anziana reclinata
c.69 Limbo, un angelo che guarda in basso verso una cerchia di figure sedute intorno ad un fuoco
c.69v Predica di Cristo
c.78v Laus, o Fama, rappresentata tre volte: dapprima come una parziale figura che emerge di fianco a un albero, in seguito come una figura femminile penzoloni da un ramo di una palma e, infine, seduta su leoni entro una mandorla
c.79 Cristo e gli Apostoli
c.79v Cristo tentato tre volte dal diavolo
c.85 Il bacio di Giuda con il dubbio di Malco
c.89 Cristo davanti a Caifa
c.89v Cristo deriso
c.92 Cristo davanti Pilato che si lava le mani
c.92v Pilato veste Cristo
c.97 Flagellazione
c.97v Cristo porta la Croce
c.102v Crocifissione
c.103 Cavalieri in armi con stemma e stendardo di Siena
c.108v Deposizione dalla Croce
c.109 Deposizione nel Sepolcro
c.111 Resurrezione dei Morti
c.112 Sole, Luna e Terra in eclissi
c.112v L'angelo e le tre Marie al Sepolcro
c.115v La discesa al Limbo
c.116 Noli me tangere
c.116v Ascensione
c.117 Misericordia che istruisce due uomini inginocchiati
c.117v Trionfo della Morte con quattro volti su dragone, mentre scocca frecce in tutte le direzioni, circondata da morti e morienti, sul'opposto recto, c.118 Cristo salvatore che presenta la Vita Eterna e redime i defunti, scheletri in primo piano
c.143v Cristo accoglie le anime in cielo
c.155v Cristo che appare a credenti inginocchiati
c.156 Circoli dell'Inferno
c.157 Padri del deserto
c.157v Maddalena penitente e San Giovanni Battista nel deserto
c.165 Intelligenza inginocchiata ai piedi della Vergine in trono
c.166 Cavaliere e Re a cavallo nei pressi di una sorgente montana, sotto i quali un corteo di uomini che si avviano ad abbeverare i loro cavalli alla fonte
c.166v Giovane che porta un libro e punta la spada verso la bestia con sembianze di sfinge, Cristo che si indirizza al giovane dall'alto
c.170 Bambino che si nutre alle mammelle della bestia
c.167v Bambino che cavalca la bestia
c.168 Bambino trattenuto dall'artiglio della bestia
c.168v Bestia che soggioga il bambino, ormai divenuto un giovanotto, sotto la sua zampa di leone
c.169 Giovane uomo che cerca invano di tirare con l'arco alla bestia
c.169v e c.170 Allegoria della Speranza, col giovane accompagnato da altri uomini e donne che tengono i capi di corde che, passando tra le mani della Speranza, conducono alle porte dei 5 tempi del potere, della virtù, di Dio, della salute e della vita, e dell'amore, due figure senza speranza in primo piano
c.170v Figura femminile dai tratti classicheggianti entro una mandorla di raggi dorati che scocca una freccia, il giovane uomo inginocchiato ai suoi piedi che la saluta e ne sorregge la faretra (originariamente opposta alla c.172)
c.171 Giovane che cavalca due uccelli con le corna
c.171v Bestia che trattiene per la spalla il giovane che tenta di sfuggirle sotto lo sguardo di Cristo
c.172 Bestia che sorregge uno scudo ed è trafitta dalle frecce (originariamente opposta alla c.170v)
c.172v Bestia morta circondata da cacciatori
Bibliografia ragionata:
A.Thomas, Francesco da Barberino et la litérature provençale en Italie au moyen-âge, 1883.
F.Egidi, Le miniature dei Codici Barberiniani dei "Documenti d'amore", "L'Arte", 1902, pp.1-20 e 78-95.
I Documenti d'amore di Francesco da Barberino secondo i mss originale, F.Egidi, i-iv, Roma 1905-27, rist. Milano 1982.
D.Goldin, Testo e immagini nei "Documenti d'amore" di Francesco da Barberino, "Quaderni di italianistica", i, 1980.
A. Conti, La miniatura bolognese; Scuole e botteghe 1290-1340, 1981.
E. Jacobsen, Francesco da Barberino: Man of Law and Servant of Love, "Analecta Romana Instituti Danici", xv, 1986, pp.87-119 e xvi, 1987, pp.75-106.
A. Petrucci e F. Petrucci Nardelli, "Minima barberina", in Miscellanea di studi in onore di Aurelio Roncaglia, Modena, 1989, pp.1005-1014.
E. Frojmovic, Der Illustrationszyklus zu den "Documenti d'amore" des Francesco da Barberino, tesi di PhD, Monaco 1993.
R. Sutcliffe-Frechet, L'illustration didactique d'un auteur encyclopédiste-moraliste au debut du XIVème siècle, tesi di PhD, Strasburgo 1996.
E.Frojmovic, Giotto's Allegories of Justice and the Comune in the Palazzo della Ragione in Padua, "Journal of the Warburg and Courtauld Institutes", lix, 1996, pp.24-47.
La miniatura a Padova dal medioevo al Settecento, a cura di G. Baldissin Molli, G. Mariani Canova, F. Toniolo, Padova 1999.
Duecento: Forme e colori del medioevo a Bologna, a cura di M Medica, Bologna 2000.
[Padova, c.1305-08].
134 x 100 mm. 174 carte, 1
IL MANOSCRITTO RITROVATO DI UNA DELLA PIÙ AFFASCINANTI FIGURE DELLA CULTURA MEDIEVALE, UNA PIETRA MILIARE NELLA STORIA DELLE IDEE E DELLA MINIATURA ITALIANA.
IL PIÙ ANTICO LIBRO D'ORE ITALIANO CONOSCIUTO E UN'INEDITA ALLEGORIA ILLUSTRATA DI FRANCESCO DA BARBERINO.
PROBABILMENTE LE PIù ANTICHE IMMAGINI ISPIRATE DALL'INFERNO DANTESCO
PROVENIENZA:
L'inventore e il primo proprietario di questo manoscritto fu Francesco da Barberino (1264-1348), poeta e notaio fiorentino, contemporaneo di Dante di cui per primo scrisse sull'Inferno. Notizie sulla vita e sulle opere di Francesco si possono trovare nella documentazione epistolare (Vienna, ÖNB 3530), negli archivi di Firenze, Treviso, Bologna e del Vaticano, oltre che negli entusiastici resoconti di numerosi scrittori del Trecento, tra cui Boccaccio e Filippo Villani. Ma la più ricca fonte di informazioni per gli anni fino a circa il 1315 è rappresentata dal lungo commento in latino che Francesco stesso scrisse per il suo poema, i Documenti d'amore. Il più antico manoscritto completo (Bibl. Vat., Barb. lat. ms 4076) - che contiene non solo il poema in italiano ma anche la traduzione e il commento in latino - presenta il testo centrale e correzioni di mano dell'autore.
Francesco di ser Neri di ser Ranuccio nacque a Barberino in Val d'Elsa, a sud di Firenze. Figlio e nipote di notai, studiò a Bologna e ottenne il titolo di notaio papale a Roma nel 1294. Alla fine di quell'anno rientrò a Firenze, dove esercitò la professione di notaio per due vescovi almeno fino al novembre 1303. Lasciò la città probabilmente per ragioni politiche e potè ritornarvi solo grazie all'amnistia concessa nel 1315 agli esiliati che non avevano preso le armi contro Firenze. Negli anni dell'esilio Francesco fu a Padova, a Treviso nel 1308 e nel 1309 fece parte dell'ambasciata veneziana presso la sede papale di Avignone mediante la quale la Serenissima cercava di far revocare la sua scomunica. Francesco rimase in Francia per più di quattro anni, perloppiù in Provenza e nella contea di Venassin, ma nel 1311-12 viaggiò per tutto il paese fino a raggiungere la corte di Filippo il Bello. I Documenti risalgono a quest'epoca, dopo un periodo di composizione e revisione di 16 anni, ed è generalmente accettato il fatto che essi siano stati completati poco prima o appena dopo il suo ritorno a Firenze.
Nel commento del manoscritto vaticano, Francesco asserisce con orgoglio che le allegorie miniate che lo illustrano sono sue proprie creazioni; in particolare, egli spiega che sette di esse furono originariamente concepite e disegnate per il suo officiolum. Nella maggior parte dei casi viene anche specificata la loro collocazione all'interno del manoscritto, che è chiaramente un Libro d'Ore: per esempio, la miniatura della Morte si trova all'inizio dell'Ufficio dei Morti, le Età corrispondono alle canoniche Ore della Vergine e 'Laus' è alla fine delle Ore. L'officiolum di Francesco è stato al centro di numerose discussioni fin dal 1902, quando Egidi scrisse: "che doveva essere un vero gioiello di eleganza e che disgraziatamente è andato perduto". La corrispondenza tra l'aspetto e la posizione delle miniature descritte nei Documenti con quelle del presente manoscritto dimostra che si tratta senza ombra di dubbio del Libro d'Ore concepito da Francesco da Barberino. L'eccellente qualità e la ricchezza dell'opera confermano la prima delle affermazioni dell'Egidi, potendo ora felicemente smentire la seconda.
Nella disquisizione sull'allegoria della Speranza, Francesco riferisce che essa fu raffigurata per la prima volta nel "tractatu cuiusdam ystorie que ponitur ad finem officioli mei [...] Et hoc quidem dum essem in studio Paduano". Le registrazioni dei movimenti di Francesco ci fanno presupporre la sua presenza all'Università di Padova tra il 1304 e il 1309, e l'officiolum sarà stato completato in quegli anni. Dalla data del suo ritorno a Firenze, Francesco vi rimase infatti fino alla morte, prima al servizio del vescovo Antonio d'Orso (morto nel 1320-21) e poi come partecipante attivo nella vita civile della città. Morì durante la pestilenza del 1348 ed è sepolto in Santa Croce insieme a suo figlio sotto l'epitaffio che Boccaccio scrisse per lui. Il suo ultimo discendente diretto morì nel 1401 e il successivo destino dell'officiolum è sconosciuto, ad eccezione della presenza di segnature del sec.XIX: h.I.15 (cancellata) e O.I.36.
CONTENUTO:
Calendario per marzo, aprile, settembre ed ottobre, mancante degli altri mesi cc.1-2; Ufficio della Vergine, uso di Roma, mancante di un bifolio col Salmo 94 e fine del Salmo 18 ed inizio del Salmo 23 cc.3-78v eccetto cc.33-38v spostate: mattutino c.3, lodi c.11, prima c.32, terza c.44, sesta c.48v, nona c.52v, vespri c.56v, compieta c.64v, varianti c.69; Ufficio della Croce cc.79-115: mattutino c.79, lodi f.85, prima f.89v, terza f.92v, sesta c.97v, nona c.103, vespri c.109, compieta c.112v; Ufficio dei Morti, uso di Roma, mancante della fine dei vespri cc.117-156v: mattutino c.117, lodi c.144, vespri c.156v; Sette Salmi penitenziali cc.157v-164v e cc.33-37v; Litania, solo carta di apertura c.38v; Salve regina misericordie cc.165-165v; testo allegorico che si apre con "Si lactabor i[n] te vivabor" cc.166-172v; Apertura del Vangelo di San Giovanni c.173v.
È probabile che i Sette Salmi penitenziali e la Litania precedessero originariamente l'Ufficio dei Morti, mentre le ultime due carte precedevano il Calendario. Nell'allegoria, il bifolio cc.166/171 è posizionato in modo errato e dovrebbe trovarsi tra le carte 168 e 169.
Il nostro manoscritto contiene tutti gli elementi essenziali di un Libro d'Ore, ma ha una datazione sorprendentemente antica: sopravvivono pochissimi libri d'ore prodotti in altri paesi e databili al primo quarto del sec.XIV, ma nessun altro esempio italiano di tale periodo è noto.
Il testo alla fine del volume è completo ed unico, un inedito trattato allegorico di Francesco da Barberino, la cui esistenza era precedentemente nota solo attraverso la sua citazione: "tractatu cuiusdam ystorie que ponitur ad finem officioli mei".
MINIATURA:
L'ingenium o l'inventiva che Boccaccio lodò in Francesco non potrebbe aver migliore dimostrazione che nelle illutrazioni di questo Libro d'Ore. La sua fama si poggiava fino ad ora sui due suoi poemi conosciuti, i Documenti d'amore e il Reggimento e costumi di donne. L'elemento caratterizzante della concezione di Francesco per entrambe le opere è rappresentato dalla combinazione delle argomentazioni e delle spiegazioni illustrative, ma nessuna copia illustrata del Reggimento è purtroppo sopravvissuta. Egli ha sempre sottolineato come le sue intenzioni non si possano comprendere appieno con la semplice lettura dei testi ma solo dopo un attento studio delle immagini che li accompagnano. È dunque questa preoccupazione che lo spinge a diventare egli stesso progettista e disegnatore dei Documenti durante la loro composizione in Francia, non avendo trovato pittori che fossero in grado di capire le sue necessità. Francesco aveva inoltre un chiaro ideale estetico: a tal fine egli istruisce il lettore a guardare le immagini cosicchè il trattato gli possa apparire ancor più bello (Egidi, iii, 6-7, 138 e 151). Per tutte queste ragioni il completamento dei Documenti dovette attender il ritorno in Italia, dove l'autore avrebbe potuto avvalersi di miniaturisti fidati. L'officiolum, prodotto anni prima nel nostro paese, aveva infatti stabilito un altissimo livello qualitativo e il suo progetto iconografico mostra esattamente lo stesso significato complementare e stratificato nell'intreccio tra allegorie e narrazioni religiose.
Francesco era noto per le sue allegorie, specialmente quelle relative ad Amore, e la sua reputazione durò per tutto il Trecento. Tuttavia esiste un solo superstite dei monumentali lavori pubblici che lui progettò, il sepolcro di Antonio d'Orso di Tino da Camaiano nel Duomo di Firenze, e solamente di uno dei suoi due ampi poemi sopravvivono delle copie illustrate. Il ritrovamento del suo officiolum rappresenta una splendida e sostanziale aggiunta alla sua opera.
Le miniature non solo precedono quelle presenti nei Documenti, ma sono anche il più esteso insieme delle creazioni di Francesco. Le composizioni di dieci miniature si conoscevano già dalle copie presenti nei Documenti (Barb. Lat. 4076), benchè non perfettamente aderenti ai progetti originari di Francesco. I dettagli specificati nel commento sono pertanto comprensibili solo alla luce della versione più esplicita delle miniature dell'officiolum, come per esempio i vari modi di accesso ai diversi templi della miniatura della Speranza. Questo suggerisce quanto stretta fosse la supervisione di Francesco durante il lavoro di miniatura. Istruzioni per il miniatore sono presenti su alcuni dei medaglioni del calendario e sembrano essere della mano che Petrucci identifica con quella dell'autore.
Vi sono altre annotazioni simili scritte nei margini ai lati di altre due miniature, Limbo (f.69) e Inferno (f.156). Queste immagini mostrano entrambi i luoghi come circolari e sono particolarmente importanti in quanto probabilmente si tratta delle prime illustrazioni ispirate all'Inferno di Dante. La famigliarità di Francesco con il poema dantesco è confermata dal commento dei Documenti, e il Limbo in particolare appare come un riflesso dei versi danteschi. La scura cerchia con triste figure sedute intorno ad un radiante fuoco centrale sembra richiamare i versi 'nel primo cerchio che l'abisse' (IV, 24), 'duol sanza martìri, ch'avean le turbe (IV, 28-29), e 'un foco ch'emisperio di tenebre vincia' (IV, 68-69). Il contatto di Francesco con il lavoro del Poeta, che condivise le sue stesse vicissitudini politiche, non sorprende, e tali miniature potrebbero sostituire il commento dei Documenti come la prima prova conosciuta per l'Inferno.
L'orgoglio di Francesco per le più ingegnose creazioni del suo Libro d'Ore lo spinse a riusarle in contesti diversi, o, come nel caso della Morte usata per il sepolcro marmoreo di Orsi, su supporti assolutamente differenti. Il piacere provato nel comporre disegni complessi, di cui asserisce ripetutamente l'originalità, alle volte sorpassa la loro adeguatezza in altre ambientazioni: nell'Ufficio della Vergine, la serie delle Età della Donna accompagna felicemente la progressione della giornata liturgica insieme con le miniature della vita della Vergine, mentre sembra essere meno appropriata nella sezione sulla navigazione nei Documenti.
Le altre allegorie nell'officiolum sono assolutamente senza precedenti, anche se una di esse fornisce una traccia degli affreschi, ormai persi, che Francesco disegnò per il palazzo vescovile di Treviso. Esse spaziano da semplici e deliziose personificazioni - quali i Vizi che rimpiazzano le più usuali occupazioni per ogni mese del calendario - fino alle complessità dei cerchi dell'inferno. Le miniature culminano nella straordinaria sequenza delle ystorie aggiunte alla fine delle Ore, laddove il testo e l'immagine si fondono per raccontare una storia di liberazione e redenzione. Dalla somiglianza con la rappresentazione di Francesco nei Documenti, il personaggio centrale di questa storia sembra doversi identificare con l'autore stesso e potrebbe essere connesso con le circostanze del suo esilio da Firenze. La figura centrale appare all'inizio come un infante che sugge le mammelle di una creatura somigliante ad una sfinge, una bestia col volto di donna i cui arti posteriori sono zoccoli e quelli anteriori una zampa di leone e un artiglio. Il finale della storia vede la morte di questa bestia favolosa per intervento della Speranza e di una splendente e potente dama che potrebbe essere identificata con la Giustizia Divina.
Le miniature sono opera di due, o possibilmente tre miniaturisti che condividono uno stile pittorico e un vocabolario decorativo strettamente correlati. I loro tipi figurativi, la tecnica e il lessico decorativo sono quelli comuni agli artisti che lavorarono con Jacopino da Reggio su una copia dei Decretales di Graziano oggi in Vaticana (Vat.lat 1375). Essi sono molto vicini al Maestro del 1311 che deve il suo nome agli Statuti dei Merciai (Bologna, Mus.Civico ms 631) e al miniaturista conosciuto come 'Modenese'. Quest'ultimo è particolarmente attinente per il suo lavoro su una Bibbia del tardo Duecento oggi a New York (Pierpont Morgan Lib. ms M.436). Il copista di tale Bibbia, Mutinensis de Grasulfo di Modena, segnala al colophon che egli aveva scritto e fatto l'opera in Padova. È inoltre interessante che l'elaborata bordura fitomorfa presente nell'opera è precisamente del tipo che si ritrova nel Libro d'Ore di Francesco. Il 'Modenese' è un esempio certo di miniaturista che ebbe una nota carriera a Bologna e lavorò anche a Padova. La diffusione e lo sviluppo dello stile 'bolognese' nella città si può vedere negli Antifonari attribuiti al Maestro di Gherarduccio, cominciati nella prima decade del Trecento (Padova, Bibl. Capitolare B.14 e B.15).
Anche se essenzialmente bolognesi nello stile, le miniature mostrano l'origine padovana del manoscritto, soprattutto nel contatto riflesso con l'opera di Giotto in quella città. Ciò è evidente non solo nella tavolozza di colori pallidi e nel trattamento volumetrico di alcune delle figure, ma anche negli echi degli affreschi della Cappella degli Scrovegni: tra i più sorprendenti, Giuseppe che dorme di fronte ad una capanna (c.43v), che richiama la rappresentazione giottesca del Gioacchino dormiente, e la figura inginocchiata di Francesco (c.170v), che sembrerebbe essere una versione speculare dello stesso Scrovegni.
L'iconografia cosmologica delle Età della Donna e dell'Eclissi può mostrare una più elusiva connessione coi lavori di Giotto a Padova; potrebbe relazionarsi agli affreschi astrologici del Palazzo della Ragione, che furono distrutti nel 1420. Il legame di Francesco con l'opera di Giotto nel Palazzo per l'iconografia della figura della Giustizia - che Francesco ripetè nell'affresco di Treviso, nella miniatura del Giudizio Finale (mancante) dell'officiolum e nei Documenti - è stata recentemente suggerito. Le citazioni giottesche di Francesco nel commento ai Documenti sono ben note, in particolare la sua ammirazione per la figura del'Invidia nella Cappella Arena. Non sorprende dunque che tale entusiasmo si rifletta anche nel suo Libro d'Ore.
La fertile immaginazione di Francesco, combinata con il lavoro di un miniaturista di talento, ha prodotto una straordinaria serie di illustrazioni. Belle e complesse, le miniature mostrano uno stile particolarmente sofisticato per una datazione così antica. Tre composizioni nel manoscritto si sviluppano attraverso un verso ed il suo opposto recto, divenendo vieppiù penetrante l'uso della relazione tra pagine consecutive. Nella coppia finale (oggi cc.170v e 172) non si tratta semplicemente di sfruttare l'apertura per fornire un unico e continuo campo pittorico. Sebbene l'azione si svolga sulle due pagine e l'uso del colore unifichi la composizione, esistono evidenti contrasti negli sfondi, nell'ambientazione e nelle cornici che rinvigoriscono la narrazione. Al verso, Francesco è inginocchiato ai piedi della sua statuaria protettrice che, ergendosi dal trono per intervenire in suo favore, scocca colpi mortali verso l'altra pagina. Le sue frecce penetrano lo scudo e trafiggono la carne della bestia che tiene Francesco al giogo. Un piede di Francesco fuoriesce dalla miniatura sul verso, stagliandosi nello spazio tra i suoi avversari. In tale suggestione di movimento è implicita la sua salvezza: è riuscito infatti ad entrare nella sontuosa e dorata sala del trono, lasciando il suo oppressore ad arretrare, impotente, tra le nude rocce. Si tratta in assoluto di una delle più pregnanti e memorabili rappresentazioni della miniatura del Trecento.
I soggetti delle miniature sono i seguenti:
c.1 Tristezza e Ariete, in medaglioni
c.1v Vanità con Letizia e Toro, in medaglioni
c.2 Gola e Bilancia, in medaglioni
c.2v Ebrezza e Scorpione, in medaglioni
c.3 Incoronazione della Vergine, con il Tetramorfo; capolettera con busto di Davide
c.3v Uno studioso che legge seduto circondato da libri
c.10v Un angelo che suona il tamburello
c.11 Cristo in gloria con due angeli musicanti; capolettera con il busto di Davide
c.13v Giovane donna seduta che legge da un leggio
c.32 Sant'Anna, la Vergine e Gesù Bambino; capolettera con busto di donna; medaglione con Serafino che scocca una freccia infiammata
c.32v. Infantia, il Cosmo con una fanciulla che si pettina i capelli
c.37v Donna seduta che sostiene un medaglione con l'Agnus Dei
c.38 Maria Maddalena con lo stendardo dal Redentore a capo di una processione sotto una montagna in fiamme
c.43v Giuseppe dormiente davanti la capanna
c.44 Annunciazione; capolettera con busto di uomo
c.44v Pueritia, il Cosmo con una fanciulla che guardandosi allo specchio si mette una ghirlanda in testa
c.45 Medaglioni con Profeta e arciere
c.48v Natività; Annuncio ai pastori sul margine inferiore
c.49 Adolescentia, il Cosmo con una giovane che fa una ghirlanda
c.52v Adorazione dei Magi; capolettera con il busto di Cristo; un giovane sul cammello in medaglione
c.53 Juventus, il Cosmo con una donna che insegna a camminnare al suo bambino
c.56v Presentazione al Tempio
c.57 Senectus, il Cosmo con una donna in età avanzata che cammina aiutandosi con un bastone e una gruccia
c.64v Dormitio Virginis
c.65 Decrepita etas, il Cosmo con una donna anziana reclinata
c.69 Limbo, un angelo che guarda in basso verso una cerchia di figure sedute intorno ad un fuoco
c.69v Predica di Cristo
c.78v Laus, o Fama, rappresentata tre volte: dapprima come una parziale figura che emerge di fianco a un albero, in seguito come una figura femminile penzoloni da un ramo di una palma e, infine, seduta su leoni entro una mandorla
c.79 Cristo e gli Apostoli
c.79v Cristo tentato tre volte dal diavolo
c.85 Il bacio di Giuda con il dubbio di Malco
c.89 Cristo davanti a Caifa
c.89v Cristo deriso
c.92 Cristo davanti Pilato che si lava le mani
c.92v Pilato veste Cristo
c.97 Flagellazione
c.97v Cristo porta la Croce
c.102v Crocifissione
c.103 Cavalieri in armi con stemma e stendardo di Siena
c.108v Deposizione dalla Croce
c.109 Deposizione nel Sepolcro
c.111 Resurrezione dei Morti
c.112 Sole, Luna e Terra in eclissi
c.112v L'angelo e le tre Marie al Sepolcro
c.115v La discesa al Limbo
c.116 Noli me tangere
c.116v Ascensione
c.117 Misericordia che istruisce due uomini inginocchiati
c.117v Trionfo della Morte con quattro volti su dragone, mentre scocca frecce in tutte le direzioni, circondata da morti e morienti, sul'opposto recto, c.118 Cristo salvatore che presenta la Vita Eterna e redime i defunti, scheletri in primo piano
c.143v Cristo accoglie le anime in cielo
c.155v Cristo che appare a credenti inginocchiati
c.156 Circoli dell'Inferno
c.157 Padri del deserto
c.157v Maddalena penitente e San Giovanni Battista nel deserto
c.165 Intelligenza inginocchiata ai piedi della Vergine in trono
c.166 Cavaliere e Re a cavallo nei pressi di una sorgente montana, sotto i quali un corteo di uomini che si avviano ad abbeverare i loro cavalli alla fonte
c.166v Giovane che porta un libro e punta la spada verso la bestia con sembianze di sfinge, Cristo che si indirizza al giovane dall'alto
c.170 Bambino che si nutre alle mammelle della bestia
c.167v Bambino che cavalca la bestia
c.168 Bambino trattenuto dall'artiglio della bestia
c.168v Bestia che soggioga il bambino, ormai divenuto un giovanotto, sotto la sua zampa di leone
c.169 Giovane uomo che cerca invano di tirare con l'arco alla bestia
c.169v e c.170 Allegoria della Speranza, col giovane accompagnato da altri uomini e donne che tengono i capi di corde che, passando tra le mani della Speranza, conducono alle porte dei 5 tempi del potere, della virtù, di Dio, della salute e della vita, e dell'amore, due figure senza speranza in primo piano
c.170v Figura femminile dai tratti classicheggianti entro una mandorla di raggi dorati che scocca una freccia, il giovane uomo inginocchiato ai suoi piedi che la saluta e ne sorregge la faretra (originariamente opposta alla c.172)
c.171 Giovane che cavalca due uccelli con le corna
c.171v Bestia che trattiene per la spalla il giovane che tenta di sfuggirle sotto lo sguardo di Cristo
c.172 Bestia che sorregge uno scudo ed è trafitta dalle frecce (originariamente opposta alla c.170v)
c.172v Bestia morta circondata da cacciatori
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F.Egidi, Le miniature dei Codici Barberiniani dei "Documenti d'amore", "L'Arte", 1902, pp.1-20 e 78-95.
I Documenti d'amore di Francesco da Barberino secondo i mss originale, F.Egidi, i-iv, Roma 1905-27, rist. Milano 1982.
D.Goldin, Testo e immagini nei "Documenti d'amore" di Francesco da Barberino, "Quaderni di italianistica", i, 1980.
A. Conti, La miniatura bolognese; Scuole e botteghe 1290-1340, 1981.
E. Jacobsen, Francesco da Barberino: Man of Law and Servant of Love, "Analecta Romana Instituti Danici", xv, 1986, pp.87-119 e xvi, 1987, pp.75-106.
A. Petrucci e F. Petrucci Nardelli, "Minima barberina", in Miscellanea di studi in onore di Aurelio Roncaglia, Modena, 1989, pp.1005-1014.
E. Frojmovic, Der Illustrationszyklus zu den "Documenti d'amore" des Francesco da Barberino, tesi di PhD, Monaco 1993.
R. Sutcliffe-Frechet, L'illustration didactique d'un auteur encyclopédiste-moraliste au debut du XIVème siècle, tesi di PhD, Strasburgo 1996.
E.Frojmovic, Giotto's Allegories of Justice and the Comune in the Palazzo della Ragione in Padua, "Journal of the Warburg and Courtauld Institutes", lix, 1996, pp.24-47.
La miniatura a Padova dal medioevo al Settecento, a cura di G. Baldissin Molli, G. Mariani Canova, F. Toniolo, Padova 1999.
Duecento: Forme e colori del medioevo a Bologna, a cura di M Medica, Bologna 2000.
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The final price charged to Buyer's, for each lot, is calculated in the following way:
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