Details
D'Annunzio, Gabriele - splendido, vastissimo carteggio inedito del poeta con una delle frequentatrici del Vittoriale più assidue e meno conosciute (dall'infinita aneddotica biografica a tutti nota), Letizia De Felici, conosciuta durante l'impresa di Fiume, frequentata assiduamente per la sua attività (era, con altri membri della sua famiglia, fornitrice del Comandante per quanto riguardava il suo inesauribile guardaroba), e infine, data anche la sua abitazione a Gardone di sotto, ampiamente "richiamata in servizio", sino all'inizio degli anni Trenta, nelle 'magiche' notti del Vittoriale. La casa di D'Annunzio, ribattezzata (in una minuziosa retorica parodistica abbastanza blasfema, per la quale D'Annunzio diviene Frate Ariel o Frate Agnello, o ancora Il Padre Priore, mentre l'amica è ora Suor Mèlitta, ora Suor Lamentevole, a seconda dell'umore) Porziuncola o Il Convento, era abitata anche da Luisa Baccara, amante ufficiale (denominata nel carteggio La Legittima),che però spesso si assentava. Sicché pratica (soprattutto tra il torrido '26 e il '32) voleva che una macchina venisse inviata dal Comandante a prendere la tessitrice per un apio d'ore. Il bello è che il triangolo (figura geometrica alla quale il carteggio non a caso allude spesso) vedeva una perfetta consapevolezza di tutte le parti.
Figurano infatti anche una ventina di l.a.f. di Luisa Baccara (per lo più successive alla morte del Comandante, nel segno di un mai intermesso e davvero commovente memorar presente - sino al 1974 ! -: mood per il quale si segnalano ancor più le addirittura 138 l.a.f. alla De Felici di un'altra amante di D'Annunzio, la francese Aelis Mazoyer, anch'ella spesso ospite del Vittoriale), sempre di tono cordiale e amichevole, di "buon vicinato", insomma.
Ma il centro del lotto è naturalmente da identificarsi nella quantità davvero straordinaria di autografi dannunziani: oltre alle 303 l.a.f. (quasi tutte a Letizia De Felici, una ventina a Mario De Felici; delle quali 280 con busta con indirizzo a., più altre 55 buste sempre a. di cui non si conserva la missiva), quasi sempre in più (anche 6, 8 o più) pagine in-4 o in-8, quasi sempre su carta intestata del Comandante, con le più diverse (anche molto rare) imprese, si conservano infatti una quantità di piccoli mss., conti relativi a forniture di abiti, ritagli di giornale con annotazioni a., telegrammi dettati dal poeta (23 pezzi in totale). Il carteggio vero e proprio si estende dal 1922 al 1934, e conosce un andamento ondivago, con particolare intensità in due anni (1926, 58 lettere, 1932, 32 lettere). Specialmente le lettere del '26 testimoniano di una passione davvero intensa, ferocemente carnale, senza infingimenti sentimentali di sorta - solo col sottile, blasfemo velo della mascherata "francescana". Non a caso, tra le prime lettere si legge (27. 12. 22): Non ti dissi che sarai sempre la benvenuta? Perché ancóra tante "cerimonie" non francescane... Il convento è pigu severo che mai. La belluinità dei sentimenti dannunziani è testimoniata, come si diceva, soprattutto dalle letere del '26, dalle quali si cita una selezionata e purgata fiorita: posso mandarti l'automobile - di ritorno da Desenzano - verso le nove o le nove e 30'? sei vile? Anch'io ho fame di te, e ti divorerò - una volta per sempre... (13. 6. 26); Cara Mella [solo un altro della miriade di pseudonimi affibbiati alla De Felici, come assenzio e miele, Laetitia tristitia, Diambra, Leletitizia, Signora Difilicche, ecc.] amica dolce, fosca pesca lanuginosa d'oro, freschissima [omissis], e inconsumabile cote del mio [omissis]... Il mio genio è nel triangolo, come la testa del Padreterno (!: 18.7.26). Divertenti alcune lettere, scritte da D'Annunzio in un buffo dialetto pseudoveneto, forse per prendere in giro l'amica (Me piaseria de resusitar porselo co' la mea porseleta. Sì? No? Ti manno la macchena alle orre dese; e ti prepparo un mezzo quintale de fruta). Notevole il ductus della lettera dell'8.7.26: Melitta di miele e di fuoco, ho dormito fino al tocco, d'un nero sonno. Mi sono svegliato, e ti ho cercata invano. Mi sono riaddormentato. Mi sveglio. Ti voglio ancora. Certo, sei stanca; ma ti riaccenderò, da Maestro del Fuoco. Manderò alle 10 la macchina, più rossa che mai. Ariel (disegnino diciamo apotropaico a decorare la firma).
Il nuovo momento di fiamma è databile al '31-'32, quando però la donna evidentemente vorrebbe da parte del poeta un impegno pigu esclusivo. Ma: Io non posso mutare: non muto, non muterò. Ho per te la più profonda tenerezza; ma non rinunzio ai miei capricci, improvvisi, alla mia ricerca del nuovo e dell'ignoto. Sono dunque disposto a tradirti... L'amore è una ignominia lugubre, interrotta da qualche ora di ebrezza perversa (14. 10. 31). D'altra parte, il vecchio 'combattente', anche se mai domo (aguda la lettera del 21.4.32: debbo lottare contro la mollezza, contro la voglia d'esser vestito di tua pelle in ogni ora... Ti bacio le gambe nella posizione di "spall'arm"), è sulla via del tramonto: Ho il tedium vitae. La foschia è triste. Credo che anche stasera non c'incontriamo: 9.1.32). E dunque: Col 1932 finisce la mia "gioia di vivere", che in ogni tempo per me non fu se non ricca ansietà; e incomincia la decrepitezza... Non posso più baciare. Ti tocco le mani: 2.1.33). Ma la vera rottura (il solito D'Annunzio) finisce per consumarsi per mere ragioni economiche, non potendo (o non volendo) più il Comandante far fronte alle fatture relative al suo abbigliamento. Sicché: Non più cara Letizia, in questi mesi ultimi lo splendore atroce del mio spirito ha rischiarato quel che i rètori chiamano "abissi umani"... Io, che disprezzo e derido tutte le menzogne della pretaglia, io vado pur di là dal comandamento cristiano; perché non soltanto la mia mano destra ignora quel che dona la mia sinistra ma la mia mano destra ignora quel che dona la mia mano destra... La mia vita di falsa pace è molto più eroica della mia vita di cruda guerra....
In conclusione, uno splendido carteggio dannunziano, tra i più significativi e di piacevole lettura tra quelli rimasti ancora inediti. (568)
Figurano infatti anche una ventina di l.a.f. di Luisa Baccara (per lo più successive alla morte del Comandante, nel segno di un mai intermesso e davvero commovente memorar presente - sino al 1974 ! -: mood per il quale si segnalano ancor più le addirittura 138 l.a.f. alla De Felici di un'altra amante di D'Annunzio, la francese Aelis Mazoyer, anch'ella spesso ospite del Vittoriale), sempre di tono cordiale e amichevole, di "buon vicinato", insomma.
Ma il centro del lotto è naturalmente da identificarsi nella quantità davvero straordinaria di autografi dannunziani: oltre alle 303 l.a.f. (quasi tutte a Letizia De Felici, una ventina a Mario De Felici; delle quali 280 con busta con indirizzo a., più altre 55 buste sempre a. di cui non si conserva la missiva), quasi sempre in più (anche 6, 8 o più) pagine in-4 o in-8, quasi sempre su carta intestata del Comandante, con le più diverse (anche molto rare) imprese, si conservano infatti una quantità di piccoli mss., conti relativi a forniture di abiti, ritagli di giornale con annotazioni a., telegrammi dettati dal poeta (23 pezzi in totale). Il carteggio vero e proprio si estende dal 1922 al 1934, e conosce un andamento ondivago, con particolare intensità in due anni (1926, 58 lettere, 1932, 32 lettere). Specialmente le lettere del '26 testimoniano di una passione davvero intensa, ferocemente carnale, senza infingimenti sentimentali di sorta - solo col sottile, blasfemo velo della mascherata "francescana". Non a caso, tra le prime lettere si legge (27. 12. 22): Non ti dissi che sarai sempre la benvenuta? Perché ancóra tante "cerimonie" non francescane... Il convento è pigu severo che mai. La belluinità dei sentimenti dannunziani è testimoniata, come si diceva, soprattutto dalle letere del '26, dalle quali si cita una selezionata e purgata fiorita: posso mandarti l'automobile - di ritorno da Desenzano - verso le nove o le nove e 30'? sei vile? Anch'io ho fame di te, e ti divorerò - una volta per sempre... (13. 6. 26); Cara Mella [solo un altro della miriade di pseudonimi affibbiati alla De Felici, come assenzio e miele, Laetitia tristitia, Diambra, Leletitizia, Signora Difilicche, ecc.] amica dolce, fosca pesca lanuginosa d'oro, freschissima [omissis], e inconsumabile cote del mio [omissis]... Il mio genio è nel triangolo, come la testa del Padreterno (!: 18.7.26). Divertenti alcune lettere, scritte da D'Annunzio in un buffo dialetto pseudoveneto, forse per prendere in giro l'amica (Me piaseria de resusitar porselo co' la mea porseleta. Sì? No? Ti manno la macchena alle orre dese; e ti prepparo un mezzo quintale de fruta). Notevole il ductus della lettera dell'8.7.26: Melitta di miele e di fuoco, ho dormito fino al tocco, d'un nero sonno. Mi sono svegliato, e ti ho cercata invano. Mi sono riaddormentato. Mi sveglio. Ti voglio ancora. Certo, sei stanca; ma ti riaccenderò, da Maestro del Fuoco. Manderò alle 10 la macchina, più rossa che mai. Ariel (disegnino diciamo apotropaico a decorare la firma).
Il nuovo momento di fiamma è databile al '31-'32, quando però la donna evidentemente vorrebbe da parte del poeta un impegno pigu esclusivo. Ma: Io non posso mutare: non muto, non muterò. Ho per te la più profonda tenerezza; ma non rinunzio ai miei capricci, improvvisi, alla mia ricerca del nuovo e dell'ignoto. Sono dunque disposto a tradirti... L'amore è una ignominia lugubre, interrotta da qualche ora di ebrezza perversa (14. 10. 31). D'altra parte, il vecchio 'combattente', anche se mai domo (aguda la lettera del 21.4.32: debbo lottare contro la mollezza, contro la voglia d'esser vestito di tua pelle in ogni ora... Ti bacio le gambe nella posizione di "spall'arm"), è sulla via del tramonto: Ho il tedium vitae. La foschia è triste. Credo che anche stasera non c'incontriamo: 9.1.32). E dunque: Col 1932 finisce la mia "gioia di vivere", che in ogni tempo per me non fu se non ricca ansietà; e incomincia la decrepitezza... Non posso più baciare. Ti tocco le mani: 2.1.33). Ma la vera rottura (il solito D'Annunzio) finisce per consumarsi per mere ragioni economiche, non potendo (o non volendo) più il Comandante far fronte alle fatture relative al suo abbigliamento. Sicché: Non più cara Letizia, in questi mesi ultimi lo splendore atroce del mio spirito ha rischiarato quel che i rètori chiamano "abissi umani"... Io, che disprezzo e derido tutte le menzogne della pretaglia, io vado pur di là dal comandamento cristiano; perché non soltanto la mia mano destra ignora quel che dona la mia sinistra ma la mia mano destra ignora quel che dona la mia mano destra... La mia vita di falsa pace è molto più eroica della mia vita di cruda guerra....
In conclusione, uno splendido carteggio dannunziano, tra i più significativi e di piacevole lettura tra quelli rimasti ancora inediti. (568)