Lot Essay
Pubblicato per la prima volta dal Nicodemi come opera di Francesco Hayez, il dipinto è stato invece riconosciuto da Renzo Grandi come studio preparatorio per l'importante composizione eseguita dal Palagi nel 1822 e oggi conservata al Museo Civico di Lodi. È peraltro l'artista stesso, nella nota autobiografica composta nel 1851, a ricordare tra le opere eseguite in Milano, dove si era trasferito nel 1815, le due versioni di questo soggetto (tratto dalle Istorie di Francesco Guicciardini) eseguite per due nobili milanesi, il conte Porro e il conte Mellerio. È appunto questa seconda versione, caratterizzata nelle parole dell'artista per la presenza "della moglie del malato che si getta ai piedi del re scongiurandolo di proteggere lei e il figlio Francesco... e del medico reale che consulta il polso dell'ammalato..." assenti invece nella prima, l'opera esposta a Brera nel 1822 e accolta con singolare favore dalla critica tedesca, che ne lodò in particolare la sapiente espressione degli "affetti". Pur nel recupero di un modello tematico e compositivo di stampo "troubadour" diffuso in Francia fin dalla metà del Settecento, e in omaggio a un generale interesse per la storia delle singole municipalità, il grande dipinto ora a Lodi segna un punto di svolta nella produzione dell'artista bolognese che a partire dagli anni Venti compete con Francesco Hayez nel rinnovamento in senso romantico della pittura italiana. Il bozzetto qui presentato ne anticipa sostanzialmente la composizione, variando solo la posizione del piccolo Francesco Sforza (in piedi nella versione definitiva) e omettendo la figura di un paggio nello sfondo. Di particolare interesse è la cura prestata dal Palagi nel ricostruire idealmente l'arredo della sala, in singolare anticipo sulle soluzioni neogotiche da lui stesso più tardi adottate nella progettazione di arredi per la corte sabauda.